martedì 17 gennaio 2012

Donna: se non occupa posti di lavoro ai vertici è tutta colpa di un.... ormone



Non sarebbe solo causa del maschilismo imperante lo scarso numero di donne che si piazzano ai vertici del mercato del lavoro. La risposta a questa scarsa affluenza ai piani alti dell’occupazione da parte della donna, potrebbe risiedere altrove. Se, infatti, da una parte la donna a scuola raggiunge risultati più brillanti rispetto ai suoi compagni maschi, dall’altra nella vita qualcosa pare non funzionare al meglio per il sesso debole…. Perché?


A dare una spiegazione a tutto ciò provvede Susan Pinker, una psicologa canadese che ha scritto un libro sull’argomento dal titolo eloquente, “Il paradosso dei sensi”, edito da Einaudi. Secondo la studiosa, la distanza che
nel tempo separa i due sessi, nella vita potrebbe essere causata da fattori di natura biologica e non solo socio-culturale. Ovvero, fra un uomo e una donna con lo stesso grado culturale, più o meno stesse capacità e stessa estrazione sociale, vi sarebbero differenze biologiche che nel tempo fanno assumere a questi individui posizioni diverse. Nella donna infatti le aree del cervello si attiverebbero in maniera diversa rispetto all’uomo, visto che nel “sesso debole” si assisterebbe ad un’attivazione di entrambe le aree con stimolazione dell’amigdala, una speciale porzione cerebrale sede delle emozioni. Nell’uomo invece le emozioni attiverebbero invece una sola area del cervello, col risultato che in genere la donna è più empatica, più portata a percepire le emozioni ed intervenire in risposta ad esse, facendosi anche carico delle altrui difficoltà. Basti pensare come la donna reagisce diversamente dall’uomo davanti al pianto di un bambino. Poi c’è il ruolo svolto dagli ormoni. Stante la diversità di quest’ultimi nei due sessi, almeno seguendo le ultime acquisizioni in materia, si assisterebbe ad un diverso ruolo di queste sostanze anche nella produzione dell’adrenalina, o epinefrina, un
ormone che appartiene a una classe di sostanze definite catecolammine, e ritenuta per anni il neurotrasmettitore principale del sistema nervoso simpatico. Il risultato è che nell’uomo il livello di tale ormone tende ad innalzarsi, mentre nella donna tende ad abbassarsi. Risultato…. L’uomo finisce per essere più portato verso la competizione, la donna meno e questo, ovviamente, si riflette anche nel lavoro.

Cosa indica ciò nella pratica?

Significa, ad esempio, sempre secondo la ricercatrice che ha condotto lo studio, che una donna di successo non limita la propria vita col solo fine della carriera, ma l’arricchisce di tanti altri interessi. Ad esempio, una donna in carriera può anche decidere di rinunciare, molto di più dell’uomo, ad un trasferimento dettato dal proprio lavoro che potrebbe migliorare la propria carriera, se ciò implica uno stravolgimento dei propri affetti. Così come, sempre per le donne, i soldi rappresentano una molla ai fini della carriera della donna in una percentuale di poco superiore al 20%, cosa ben diversa di quanto accade agli uomini. Risultato. Il successo per il “sesso debole” ha connotati del tutto diversi rispetto al “sesso forte”, ovvero, nel sesso femminile l’obiettivo economico, lo status, ha una valenza ben diversa.

Perché tutto ciò?

Secondo la psicologa Pinker, alla base di tutto vi sarebbe anche la produzione di un altro ormone, l’ossitocina, quello stesso che induce l’allattamento, il rilassamento, fino all’orgasmo femminile.Tale ormone, noto anche come ormone del benessere, sarebbe il vero protagonista nella lettura delle altrui emozioni da parte della donna, nella capacità di socializzare e nell’empatia. Come sappiamo, nell’uomo l’ormone più secreto è invece il testosterone, fatto questo che si riverbera anche nel lavoro col risultato che l’uomo, potendo scegliere, lavorerà in modo del tutto diverso rispetto alla donna e, di norma, privileggierà mansioni spesso del tutto differenti, soprattutto, si indirizzerà verso occupazioni più redditizie perché meglio pagate.

Dunque, biologicamente parlando i due sessi sono ancora più differenti rispetto a quanto si credeva, ciò non dovrà significare che la donna non sia competitiva, tutt’altro….basta vedere l'impegno che la donna mette nello sport praticato a liverllo agonistico. Solo che la competizione non è estremizzata come accade nell’uomo, peroprio perché del tutto diversa rispetto a quanto accade al maschio.


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